La parola “integrale” inganna: ecco i biscotti da evitare (anche se sembrano salutari)

Uno studio italiano svela i rischi (e le sorprese) dei frollini da colazione più venduti: solo alcuni meritano fiducia

I biscotti integrali vengono spesso scelti per una colazione più sana, grazie al loro contenuto di fibre e alla minor presenza di farine raffinate. Ma quanto sono davvero migliori rispetto ai frollini classici? La risposta arriva da un’indagine condotta dal mensile Il Salvagente, in collaborazione con i laboratori dell’Università Federico II di Napoli, che ha analizzato 16 prodotti tra biscotti integrali e semi-integrali, inclusi marchi industriali e linee private della grande distribuzione.

Acrilammide e zuccheri sotto esame: i punti critici della colazione “sana”

Il problema principale emerso dal test riguarda la presenza di acrilammide, un contaminante che si forma naturalmente durante la cottura ad alte temperature di alimenti amidacei. È lo stesso processo che rende i biscotti dorati e croccanti — la reazione di Maillard — ma comporta rischi ben noti: secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), l’acrilammide è un “probabile cancerogeno” per l’uomo. I dati raccolti

Acrilammide e zuccheri sotto esame: i punti critici della colazione “sana” – aperito.it

Tra i prodotti con concentrazioni più elevate spiccano i Gentilini Piaceri con farina integrale, con 168 mcg/kg, seguiti dai Doria Bucaneve Ciocco Integrale, con 142 mcg/kg, e dai Oro Saiwa Cruscoro, con 132 mcg/kg. Anche i McVitie’s Digestives Integrali risultano sopra la media, con 126 mcg/kg.

Il test ha valutato anche la presenza di micotossine, soprattutto quelle “emergenti” come le Enniatine, sostanze di origine fungina che si possono sviluppare nelle farine e nei cereali. Pur restando sotto i limiti di legge per tossine come il Deossinivalenolo (Don) e lo Zearalenone, in molti campioni sono stati rilevati livelli non trascurabili di Enn B, Enn B1 e Enn A1, che sollevano interrogativi sulla reale sicurezza a lungo termine, specie per i consumatori più giovani.

Infine, l’aspetto nutrizionale. I prodotti sono stati valutati in base al contenuto di fibre, zuccheri e ingredienti controversi. La quantità di fibre varia sensibilmente: da un minimo di 4,5 g/100g (Oro Saiwa Cruscoro) a un massimo di 11 g/100g (Galbusera Più integrali). Tuttavia, l’etichetta “integrale” in Italia non è ancora regolamentata da criteri precisi. Questo consente a molte aziende di usare farine raffinate addizionate con crusca, ottenendo un effetto simile ma non equivalente dal punto di vista nutrizionale.

I peggiori biscotti integrali del test: zuccheri, grassi e contaminanti oltre le soglie accettabili

Tra i sedici biscotti integrali testati, quattro sono stati classificati come insufficienti, penalizzati da una combinazione di scarsa qualità nutrizionale, presenza di ingredienti discutibili e livelli elevati di contaminanti.

  • Gli Oro Saiwa Cruscoro hanno deluso per la bassa presenza di fibre, l’utilizzo di olio di palma, sciroppo di glucosio-fruttosio e fosfati di calcio. Presentano 132 mcg/kg di acrilammide e 101 mcg/kg di Don, con Enn B rilevata a 40 mcg/kg.

  • I Doria Bucaneve Ciocco Integrale sono penalizzati dall’alto contenuto di zuccheri e dalla presenza di olio di palma. L’acrilammide raggiunge i 142 mcg/kg, mentre sono presenti anche Zearalenone (6 mcg/kg) ed Enn B1 (3 mcg/kg).

  • I McVitie’s Digestives Integrali ottengono 5,5 punti su 10, soprattutto per il contenuto elevato di sale (1,5 g/100g) e l’impiego di olio di palma. L’acrilammide è a 126 mcg/kg, con presenza di Enn A1, Enn B e Enn B1.

  • I Gentilini Piaceri con farina integrale si distinguono negativamente per il valore più alto di acrilammide tra tutti i biscotti testati (168 mcg/kg), un alto contenuto di zuccheri, e livelli significativi di micotossine: Don (30 mcg/kg), Enn B (67 mcg/kg) ed Enn B1 (9 mcg/kg).

In definitiva, non tutti i biscotti integrali sono davvero una scelta salutare. Il test evidenzia l’importanza di leggere con attenzione l’etichetta, cercando prodotti con un buon contenuto di fibre, senza olio di palma, con pochi zuccheri e valori di contaminanti al di sotto delle soglie più prudenziali. La mancanza di regole chiare sull’uso del termine “integrale” in etichetta complica la scelta per i consumatori, che rischiano di fidarsi di un nome più che della reale composizione del prodotto.

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