Una nuova ricerca dimostra che il chitosano può ridurre l’assorbimento intestinale delle microplastiche, migliorando l’eliminazione attraverso le feci
Ogni anno ognuno di noi ingerisce, senza saperlo, decine di migliaia di microplastiche. Finiscono nei piatti, nell’acqua, nel sale da cucina. E respirandole, entrano anche nei polmoni. Da tempo gli scienziati cercano un modo per ridurre l’impatto di queste particelle sull’organismo umano. Ora un nuovo studio italo-americano apre uno spiraglio: esiste una fibra naturale derivata dai gusci del gambero rosso in grado di legare le microplastiche nello stomaco e facilitarne l’espulsione. Si chiama chitosano e potrebbe rappresentare una svolta, se non una soluzione, almeno un aiuto concreto contro questo inquinante invisibile.
La scoperta del chitosano: come agisce nello stomaco contro le microplastiche
Pubblicato sulla rivista scientifica Foods nel novembre 2025, lo studio è stato condotto da un’équipe internazionale guidata dal professor Umberto Cornelli della Loyola University di Chicago. Al centro dell’indagine, una sostanza già nota nel campo della nutraceutica: il chitosano, estratto dai gusci del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii). Utilizzato da anni per le sue proprietà nel legare lipidi e metalli pesanti, ora si scopre che può anche intrappolare le microplastiche.

Combinato con acido tartarico, il chitosano forma nello stomaco una sorta di rete molecolare. Questa struttura riesce a inglobare sia le particelle plastiche che i grassi, riducendone l’assorbimento a livello intestinale. Nei test clinici, il mix ha portato a un aumento del 45% dell’espulsione di microplastiche attraverso le feci nei soggetti sani coinvolti. Un dato importante, che suggerisce una possibile strategia di supporto per chi è esposto quotidianamente a questi materiali — cioè tutti.
“Le micro e nanoplastiche sono ormai ovunque, nei tessuti, nel sangue, perfino nel cervello,” ha dichiarato Cornelli. “Questo tipo di fibra, per la sua struttura chimica, si comporta come una spugna. Non elimina tutto, ma aiuta il corpo a liberarsi di una parte.”
I risultati sono preliminari, ma significativi. Soprattutto se si considera il contesto in cui arrivano: secondo recenti stime, ogni anno vengono prodotte circa 400 milioni di tonnellate di plastica, e una parte finisce inevitabilmente nell’ambiente. Da lì, entra nella catena alimentare. Il ciclo è continuo.
Microplastiche nel sangue e nelle arterie: i nuovi rischi per cuore e cervello
Nel 2024 un altro studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha rilevato la presenza di microplastiche nelle placche carotidee di oltre la metà dei pazienti esaminati. In quel caso, la presenza di particelle plastiche era associata a un rischio fino a cinque volte maggiore di infarto, ictus o morte nei tre anni successivi. Un collegamento che solleva preoccupazioni non più solo ambientali, ma cliniche.
Le microplastiche sono frammenti inferiori ai 5 millimetri. Le nanoplastiche, ancora più piccole, misurano pochi micrometri e possono superare le barriere biologiche, raggiungendo fegato, polmoni, cuore. Una volta entrate, provocano infiammazioni, aumentano lo stress ossidativo, contribuiscono all’invecchiamento cellulare precoce e possono alterare il funzionamento del sistema immunitario.
È su questo sfondo che si inserisce il nuovo integratore Plastikdren, lanciato da Guna, azienda italiana attiva nella produzione di rimedi naturali. Il prodotto contiene proprio chitosano e acido tartarico ed è stato sviluppato in parallelo allo studio appena pubblicato. Viene descritto come il primo integratore al mondo in grado di favorire l’eliminazione delle microplastiche ingerite.
La vendita è già partita in Italia, anche se lo stesso Cornelli sottolinea che “nessun integratore può sostituire una dieta equilibrata e uno stile di vita sano”. Il suo ruolo è di supporto: aiutare il corpo a difendersi da qualcosa che, al momento, non può evitare del tutto.
Il tema resta aperto. Ma questo studio, per la prima volta, suggerisce che espellere le microplastiche non è più impossibile. E che la natura, anche nei gusci di un crostaceo, può offrire una risposta concreta a un problema moderno.