Le patate, se esposte alla luce o lasciate troppo a lungo in dispensa, possono sviluppare una sostanza tossica: la solanina. Quando i germogli crescono o la buccia diventa verde, il rischio per la salute può diventare concreto.
Ogni anno, nei mesi più freddi, milioni di famiglie italiane si ritrovano con patate vecchie, rugose o germogliate. È una scena comune: si pensa che basti rimuovere i germogli per risolvere. Ma la realtà è diversa. Quelle piccole escrescenze indicano che all’interno del tubero si è attivato un processo chimico invisibile, potenzialmente pericoloso. A lanciare l’allarme sono studi pubblicati negli ultimi vent’anni, confermati da autorità sanitarie europee.
Il vero nemico si chiama solanina, un glicoalcaloide tossico che si sviluppa in certe condizioni ambientali e può provocare una serie di disturbi, alcuni anche gravi. Il caso tipico è quello delle patate conservate male, lasciate alla luce o dimenticate troppo a lungo: la buccia si fa verde, compaiono i germogli e il sapore può diventare amarognolo. È un segnale che non andrebbe mai ignorato.
Quando le patate diventano pericolose e come riconoscerle
La solanina è presente in tracce anche nelle patate fresche, ma resta sotto la soglia di sicurezza. Il problema nasce quando il tubero, esposto alla luce, avvia un processo naturale di difesa che aumenta questa sostanza. Secondo gli studi dell’EFSA, il limite massimo tollerabile per evitare effetti nocivi è di 100 mg per kg di patate. Superata questa soglia, possono comparire sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea.

Nei casi più estremi si parla di paralisi, disturbi neurologici e persino coma. Già nel 2020, l’Istituto Superiore di Sanità sottolineava che il rischio è più elevato nei bambini e nei soggetti con patologie croniche.
Ma come si fa a riconoscere il pericolo prima di portare in tavola il piatto? L’aspetto della patata è fondamentale: se è molle, coperta da germogli o presenta zone verdi, meglio scartarla del tutto. Anche il sapore amaro può indicare una concentrazione eccessiva di glicoalcaloidi. E qui entra in gioco un altro elemento sottovalutato: la preparazione del cibo. Molti pensano che la cottura elimini le tossine.
Ma la solanina è resistente al calore, non basta cuocere per renderla innocua. Anzi, alcune ricette – come patatine fritte o purè – possono esaltare il sapore senza ridurre il rischio.
Conservare e cucinare le patate in modo sicuro
Gli esperti consigliano di conservare le patate in luoghi freschi, asciutti e bui. Sembra banale, ma la luce è il principale attivatore della clorofilla, la sostanza che colora di verde la buccia e segnala la presenza di solanina. È un dettaglio che molti ignorano, ma che può fare la differenza. Secondo uno studio condotto in Norvegia nel 2018, la temperatura ideale di conservazione è compresa tra i 4 e i 10 gradi. Troppo freddo (come in frigo) o troppo caldo accelera il deterioramento e l’aumento delle tossine.
C’è poi il tema della preparazione. Le bucce verdi o i “germogli” vanno rimossi abbondantemente, non solo tagliati via. Meglio non usare mai patate troppo vecchie o con consistenza spugnosa. E attenzione anche a ciò che si beve: l’acqua di cottura delle patate non andrebbe riutilizzata, perché può contenere tracce di solanina.
Una regola di buon senso riguarda anche le porzioni: evitare grandi quantità in un unico pasto riduce il rischio di accumulo nel corpo. E quando si prepara un piatto per i bambini, meglio evitare le patate con la buccia.
Infine, c’è l’elemento più insidioso: il sapore amaro. Una patata dal gusto insolito, pungente, è un segnale d’allarme. Non a caso, le segnalazioni di intossicazioni da solanina arrivano spesso da persone che hanno ignorato questo indizio. Negli ultimi anni sono stati documentati diversi casi in Europa, soprattutto legati a snack industriali a base di bucce, fritture fatte in casa e ricette creative che utilizzano “tutto il tubero”. Ma non sempre tutto ciò che è naturale è sicuro. E le patate germogliate ne sono un esempio.
Quando è meglio non rischiare: scegliere la sicurezza anche in cucina
In cucina, come nella vita, ci sono scelte che sembrano innocue e invece portano con sé conseguenze nascoste. Le patate germogliate o verdi non vanno mai sottovalutate, anche se a prima vista possono sembrare ancora buone. Quel piccolo germoglio, quella leggera colorazione verdognola, quel sapore appena più amaro del solito sono segnali precisi: la solanina è presente, e potrebbe già aver raggiunto una soglia pericolosa.
Non si tratta di allarmismo, ma di consapevolezza. Intossicazioni gravi da solanina sono rare, ma documentate, e basta una patata conservata male per finire in pronto soccorso con sintomi pesanti. Vale davvero la pena rischiare? In un’epoca in cui si parla tanto di sostenibilità e spreco alimentare, è giusto evitare gli scarti. Ma quando entra in gioco la salute, meglio prevenire che sprecare energie e serenità.
Anche perché esistono modi corretti per conservare le patate, cucinarle in sicurezza e riconoscere quelle da scartare. La differenza, spesso, sta in una piccola scelta quotidiana. E se anche una sola patata può diventare un problema, la miglior difesa è saperla osservare prima di cucinarla. La salute, in fondo, comincia proprio da lì: da quello che scegliamo di mettere (o non mettere) nel piatto.