Nell’aria di molte case italiane, il profumo del pomodoro che sobbolle e l’odore della frittura segnano l’inizio di un rito condiviso: la preparazione della parmigiana di melanzane. Non è solo una ricetta domestica, è un momento che organizza la giornata della cucina, spartisce compiti e chiama a raccolta parenti intorno al tavolo. Lo raccontano le cucine del Sud come quelle del Centro: chi apre la finestra per il vapore, chi pesa gli ingredienti sul tavolo di legno, chi si assicura che la mozzarella sia ben scolata. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio la sequenza degli interventi in cucina: partire dal sugo permette di non lasciare nulla al caso quando si comincia a friggere.
Perché la parmigiana è un rito familiare
La parmigiana non nasce come un singolo piatto, ma come un insieme di pratiche che si tramandano nelle famiglie e nelle trattorie. La parola stessa rimanda a un’immagine domestica: alcuni studiosi collegano il termine all’antico siciliano parmiciana, le persiane a listarelle, perché la sovrapposizione delle fette richiama quella struttura. Altre fonti evidenziano come la diffusione della melanzana in Italia, favorita dagli scambi mediterranei, abbia reso possibile la diffusione di questa ricetta in regioni diverse, dalla Sicilia alla Campania fino a Emilia e Parma.

Nel racconto quotidiano la parmigiana assume ruoli diversi: piatto da domenica, portata per i pranzi estivi, pietanza da offrire agli ospiti. Il successo sta nella combinazione di poche materie prime di qualità: pomodoro maturo, mozzarella filante e parmigiano reggiano stagionato. Un fenomeno che in molti notano nelle cucine italiane è la cura riservata al sugo; non è raro che chi prepara la parmigiana dedichi al sugo almeno venti minuti per ottenere densità e sapore.
La disputa sull’origine resta aperta ma poco conta quando la teglia arriva in tavola: la parmigiana funziona come collante sociale. Un dettaglio che sfugge a chi vive in città è la differenza di approccio tra chi privilegia la frittura per la croccantezza e chi preferisce versioni al forno per ragioni pratiche o salutistiche.
Tecnica: dagli ingredienti alla teglia
La buona riuscita della parmigiana passa dalla scelta degli ingredienti e da alcune sequenze operative precise. Per le melanzane conviene scegliere esemplari sodi e di forma regolare, facili da tagliare in fette uniformi; in molte cucine si usa la mandolina per ottenere spessori regolari. Prima della cottura le fette vengono tipicamente salate e lasciate spurgare in un colapasta: questo riduce l’amaro e limita l’assorbimento di olio durante la frittura.
Per il sugo un approccio semplice dà i migliori risultati: dorare dolcemente mezza cipolla in olio extravergine, unire una passata di qualità, qualche foglia di basilico e cuocere a fuoco basso fino a ottenere una consistenza densa. Un dettaglio che molti sottovalutano è la temperatura dell’olio durante la frittura: attorno a 170°C le fette dorano senza impregnarsi. Asciugare bene le melanzane su carta è fondamentale per evitare schizzi e per ottenere una base non unta.
Al momento dell’assemblaggio alternate strati di melanzane, sugo, cubetti di mozzarella ben scolata e generose grattugiate di parmigiano reggiano. Preriscaldare il forno a 180°C in modalità statica e cuocere la teglia circa 35-40 minuti: si dovrà vedere il sugo sobbollire ai lati e una leggera gratinatura in superficie. Un altro accorgimento pratico: lasciare la parmigiana a riposo per 20-30 minuti dopo la cottura facilita il taglio e favorisce l’armonia dei sapori.
Storia e abbinamenti che funzionano
La storia della parmigiana è fatta di incroci culturali: la melanzana è entrata nell’Europa mediterranea attraverso rotte arabe e poi è stata adottata nelle cucine regionali italiane. Napoli compare nei manuali dell’Ottocento con versioni consolidate; la Sicilia rivendica l’antica presenza del piatto; Parma resta presente per il legame nominale con il formaggio. In termini pratici, la ricetta è cambiata nel tempo ma conserva sempre l’idea di strati sovrapposti che bilanciano morbidezza e sapore salato.
Dal punto di vista organolettico la parmigiana richiede un vino che possa pulire il palato e sostenere la componente dolce-acida del pomodoro. Nel panorama italiano i vini rossi del Sud con buona freschezza sono spesso preferiti: un Aglianico del Vulture offre tensione acida e nota fruttata mentre un Cerasuolo di Vittoria mette insieme struttura ed equilibrio. Un dettaglio che molti sommelier sottolineano è la scelta di tannini non eccessivi, per non sovrastare la componente grassa del piatto.
La parmigiana resta un banco di prova per cucine domestiche e ristoranti: chi la prepara cura ogni passaggio, dalla spurgatura delle melanzane alla scolatura della mozzarella. Il risultato arriva quando la teglia, tolta dal forno e lasciata riposare, presenta una superficie appena dorata e il profumo che richiama subito alla tavola i commensali.