I cachi fanno ingrassare? Il frutto che tutti evitano a dieta, ma il nutrizionista lo consiglia (ecco perché)

Considerati troppo zuccherini, i cachi sono in realtà un alleato prezioso nella dieta: basta sapere quando e quanti mangiarne

Arancioni, morbidi, dolci e spesso evitati a tavola per un’idea sbagliata: i cachi vengono ancora oggi considerati frutti troppo calorici, e quindi da evitare se si è a dieta. Ma le cose non stanno così. Secondo il nutrizionista Simone Gabrielli, si tratta di una falsa credenza che rischia di farci rinunciare a uno dei frutti più completi dell’autunno, ricco di vitamine, acqua, fibre e minerali. Il loro gusto intenso e la consistenza gelatinosa non devono spaventare: con le giuste dosi e un po’ di attenzione, i cachi possono restare nella nostra alimentazione anche in un regime ipocalorico.

Non fanno ingrassare, se inseriti correttamente nella dieta quotidiana

Il mito da sfatare è che il caco faccia ingrassare. “Non è il singolo alimento a farci aumentare di peso – spiega Gabrielli – ma il bilancio complessivo tra ciò che mangiamo e quanta attività fisica facciamo”. Quindi no, non sono i cachi il problema. Una porzione media, cioè un frutto da circa 150-200 grammi, apporta intorno alle 100-120 kcal: è un quantitativo equilibrato, soprattutto se il frutto viene inserito a colazione o a merenda.

Il trucco per mangiare cachi senza ingrassare (e usarli anche nei dolci light) – www.aperito.it

Dal punto di vista nutrizionale, il caco è un concentrato di vitamina A, vitamina C e soprattutto potassio. Non solo: è composto per oltre l’80% da acqua, contiene fibre e ha anche un blando effetto lassativo, utile per chi soffre di stitichezza o vuole regolarizzare l’intestino. La presenza di zuccheri semplici è più alta rispetto ad altri frutti (circa 16 g su 100), ma il contenuto di fibre rallenta l’assorbimento e evita picchi glicemici eccessivi, a meno che non ci siano patologie come insulino-resistenza o diabete.

In questi casi – precisa il nutrizionista – si può comunque mangiare mezzo caco al giorno o uno piccolo, meglio se in abbinamento a fonti proteiche o di grassi buoni, come yogurt greco o frutta secca, per ridurne l’impatto glicemico. Il consiglio è sempre quello di non escludere del tutto, ma gestire con equilibrio.

Come, quando e con cosa mangiarli per sfruttarne tutti i benefici

I cachi vanno scelti maturi al punto giusto: solo così si può godere appieno della loro consistenza vellutata e del gusto naturale, zuccherino. Nei mesi di ottobre e novembre sono nel pieno della loro stagionalità, ed è questo il periodo migliore per consumarli.

A colazione, sono perfetti con una base di fiocchi d’avena, yogurt bianco, mandorle e magari un pizzico di cannella. Oppure si possono usare come ingrediente per realizzare pancake, porridge o torte da forno senza zuccheri aggiunti. E se si hanno tanti cachi da smaltire? Si possono preparare confetture naturali, sostituendo lo zucchero con eritritolo, o persino dei budini frullando la polpa con cacao amaro e lasciando il composto a rassodare in frigorifero.

Grazie alla loro alta percentuale di pectina, i cachi hanno la capacità di addensare naturalmente, quindi si prestano a ricette senza gelatina o additivi. Ideali anche per uno spuntino post-allenamento: il loro contenuto di potassio aiuta a recuperare le riserve di energia e a riequilibrare i sali minerali persi con la sudorazione.

L’unico caso in cui è meglio limitarne il consumo è quando si ha una glicemia molto alta o si seguono diete a basso indice glicemico. Ma anche in questi casi, non è necessario eliminarli: un frutto piccolo, inserito in modo ragionato nel piano alimentare, può restare senza problemi. L’importante è variare la frutta ogni giorno e non eccedere con le porzioni.

Il messaggio finale è chiaro: i cachi non vanno demonizzati. Anzi, fanno bene, riempiono e soddisfano. Basta solo sapere come e quando mangiarli.

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