Una dieta vegana può ridurre le emissioni del 46%, risparmiare suolo e acqua e restare completa.
Mangiare meno carne non è più solo una questione di gusto o coscienza: è una scelta che modifica concretamente l’impatto ambientale delle nostre abitudini. Una ricerca pubblicata su Frontiers in Nutrition, guidata da Noelia Rodríguez-Martín dell’Università di Granada, ha confrontato quattro regimi alimentari — tutti bilanciati su 2.000 calorie giornaliere — per capire quale combinazione di cibi permetta davvero di “alleggerire” l’impronta ecologica quotidiana. Il risultato non lascia spazio a interpretazioni: la dieta vegana è quella che riduce maggiormente le emissioni di CO₂, il consumo di acqua dolce e la richiesta di terreno agricolo.
Il confronto tra diete mostra una netta riduzione delle emissioni con quella vegana
Lo studio ha confrontato una dieta onnivora mediterranea, una pesco-vegetariana, una ovo-latto-vegetariana e una vegana. Ogni piano alimentare includeva colazione, pranzo, cena e spuntino, rispettando le indicazioni nutrizionali dell’EFSA e dell’Accademia nazionale di medicina americana. L’obiettivo era valutare scientificamente quale tra queste opzioni fornisse una nutrizione completa e, al contempo, il minor danno ambientale possibile.

I dati sono stati elaborati utilizzando due grandi banche pubbliche — AGRIBALYSE e FoodData Central — che raccolgono migliaia di indicatori relativi alla produzione alimentare: dalle emissioni di gas serra alla tossicità sugli ecosistemi, passando per eutrofizzazione delle acque, consumo energetico e inquinanti.
Secondo i risultati, chi segue un’alimentazione vegana immette in atmosfera in media 2,1 kg di CO₂ al giorno, contro i 3,8 kg prodotti da una dieta onnivora. È una riduzione del 46%, che diventa ancora più significativa se si considera che ogni pasto vegano produce meno della metà degli inquinanti associati a un menù classico. Anche il consumo di suolo agricolo si riduce del 33%, mentre quello d’acqua cala del 7%.
Scelte intermedie, come una dieta vegetariana con uova e latte o una con pesce, mostrano miglioramenti significativi ma non paragonabili. La differenza maggiore, secondo gli autori, emerge quando vengono completamente eliminati gli alimenti di origine animale.
Una dieta bilanciata, sana e completa: bastano attenzione e piccoli aggiustamenti
La ricerca ha valutato anche l’adeguatezza nutrizionale dei regimi proposti. Tutti i menù erano completi e bilanciati, ma nel caso delle diete esclusivamente vegetali servono alcune attenzioni specifiche. In particolare, i ricercatori segnalano la necessità di controllare l’apporto di vitamina D, vitamina B12 e iodio — nutrienti non sempre presenti in quantità sufficienti nei cibi vegetali, ma facilmente integrabili con alimenti fortificati o con integratori mirati.
Come sottolinea Rodríguez-Martín, non è necessario essere vegani al 100% per fare la differenza. Ridurre il consumo di carne, latticini e altri derivati animali anche solo parzialmente, è già un modo efficace per abbattere l’impatto ambientale individuale. “Ogni pasto con più piante è un passo avanti verso un pianeta più sano”, scrive la ricercatrice, evidenziando che il cambiamento reale è nelle abitudini quotidiane più che nelle etichette alimentari.
Il messaggio, in fondo, è pratico: basta un piccolo spostamento nel menù per ottenere benefici tangibili. Una porzione in meno di carne rossa, una scelta consapevole al supermercato, un piatto di legumi in più a settimana. Se adottate su larga scala, queste scelte possono modificare in modo misurabile le risorse consumate e le emissioni prodotte da miliardi di esseri umani.
Secondo le stime attuali, solo l’1,1% della popolazione mondiale segue una dieta totalmente vegetale, ma le tendenze cambiano. In Germania, il numero di vegani è raddoppiato tra il 2016 e il 2020; nel Regno Unito, si è arrivati al 4,7% in due anni. È una trasformazione culturale ancora in corso, ma sempre più urgente di fronte alla pressione sugli ecosistemi e all’emergenza climatica.